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Writer's pictureLuigi Gioia

Un Dio che abbraccia l'umanità tutta intera



Tra i dettagli storici e geografici che circondano la nascita di Gesù nel Vangelo di Luca c'è una menzione della Siria (Luca 2.2) che non aveva mai attirato la mia attenzione fino a quando, alcuni anni fa, non feci amicizia con Faraj, un giovane siriano di 22 anni. A 16 anni, fuggì da Aleppo durante un bombardamento, fu separato dalla sua famiglia. Quando venne il momento di attraversare il Mediterraneo fu spaventato nel vedere che il barcone era pericolosamente stracolmo, ma i trafficanti gli misero una pistola alla tempia e lo obbligarono a salirvi lo stesso. Fu tenuto prigioniero nei campi profughi in Ungheria e in Turchia dove, come mi disse, fu trattato come un animale. Alla fine fu accolto da una meravigliosa famiglia ebrea nel Regno Unito. Faraj è un musulmano fedele. Digiuna durante il Ramadan, frequenta la moschea il venerdì e si reca in sinagoga con i suoi genitori adottivi il sabato. La sua famiglia è ora in Egitto ma non può ricongiungersi con essa perché Faraj è gay e se vi andasse rischierebbe di essere ucciso da un membro della sua famiglia o dai suoi vicini. La cosa che colpisce di lui, tuttavia, è che, lungi dal renderlo cinico e pessimista, tutta questa esperienza lo ha condotto invece a scegliere Dio, l'amore e la vita incondizionatamente. Chiunque lo incontri è immediatamente colpito dalla gioia e dall’ottimismo che irradia.

La storia di Faraj è la storia di Gesù. Le dinamiche di potere descritte nel Vangelo rimangono tristemente attuali: le scelte politiche e gli errori dei leader contemporanei causano disagi, dislocamenti, rifiuto e morte oggi come allora. Dio ha scelto di nascere tra persone ridotte nella precarietà a causa di eventi politici per cambiare la nostra percezione della storia una volta per tutte. Gli angeli che ci indicano dove trovare il Signore questo Natale ci dicono: “questo sarà per te un segno: troverai un neonato avvolto in fasce e adagiato in un campo di profughi” (cfr Lc 2,12). I nostri media e libri raccontano la storia dal punto di vista di Cesare Augusto e di Quirinio. Il Vangelo capovolge questa prospettiva e racconta la storia dal punto di vista di tutti coloro per i quali, oggi come allora, “non c'è posto nelle locande” (Lc 2,7).

Ma la storia di Faraj è anche buona notizia, "vangelo", perché ci invita a riconoscere i semi della grazia che Dio deposita nel cuore di tutte le persone di buona volontà, qualunque sia la loro religione o le loro convinzioni personali. Spesso optiamo per una versione della nostra fede che esclude, come quando per esempio attribuiamo il monopolio sulla verità alla chiesa a cui apparteniamo. Il Vangelo ci insegna che la versione più autentica della nostra fede è invece quella che include perché in esso ci è rivelato un Dio che abbraccia l’umanità tutta intera e vuole che ogni persona sia salvata (1 Timoteo 2.4). Senza dubbio, le nostre chiese, la nostra predicazione del Vangelo e il nostro amore per il prossimo sono i mezzi attraverso i quali Dio cerca di raggiungerci. Ma prima di ogni forma di mediazione umana, Dio raggiunge direttamente ogni essere umano nel profondo del suo cuore. Ci è detto infatti che Dio è luce non solo per i cristiani, ma che “illumina ogni persona umana” (Giovanni 1.4), che continua a parlare a tutti "in tutti i modi possibili" (Ebrei 1.1), che ispira ogni persona di buona volontà attraverso la sua saggezza la quale “trova delizia in compagnia dei figli dell’uomo” (Proverbi 8.31). Gesù era un bambino senza voce quando mosse interiormente dei saggi d'Oriente e li convocò (Matteo 2.1) attraverso la stella del mattino che sorse nei loro cuori (cfr. 2 Pietro 1.19).

Non vi è nulla di più evangelico quindi del riconoscere in coloro che ancora oggi rifiutiamo di accogliere o discriminiamo il segno del bambino per il quale non avevamo posto 2000 anni fa. E non vi è nulla di più cristiano e di più cattolico del riconoscere l'azione di Dio nel modo in cui, nel cuore del nostro fratello musulmano Faraj, omofobia e rifiuto non solo non hanno lasciato nessuna traccia di risentimento o di cinismo, ma sono stati vinti attraverso la manifestazione più inequivocabile dell’amore, della verità e della grazia di Dio, vale a dire il perdono.




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