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  • Writer's pictureLuigi Gioia

Il trionfo dell'humour di Dio


Uno dei vantaggi unici di vivere a Roma per me era poter visitare i Musei Vaticani in qualsiasi momento, specialmente durante i mesi invernali, con meno turisti in giro. Apprezzavo questa possibilità specialmente quando giungevo di fronte al Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina che, più di molte altre opere d'arte, richiede tempo e attenzione sostenuta per districare il suo gigantesco movimento circolare dai densi ammassi di corpi nudi. L'irrequietezza, l'angoscia e l'eccitazione di questa scena sono in netto contrasto con l'armonia e la pace che emanano dalla creazione di Adamo sulla volta, che lo stesso Michelangelo aveva dipinto 25 anni prima.

Un cataclisma era accaduto nel periodo intermedio con l'inizio della riforma protestante. Lo sconvolgimento provocato dal movimento di Lutero è paragonabile a quello che stiamo vivendo con la pandemia oggi: la percezione della storia di un'intera generazione è cambiata per sempre. Fino a un anno fa potevamo ancora nutrire l'illusione che, nonostante qualche sussulto occasionale, l'ordine mondiale fosse relativamente stabile, e le nostre vite con esso. L'enorme scossa della pandemia ha perforato questa illusione. Tutto può sfuggirci di mano in un attimo, in qualsiasi momento. Anche se, con il successo della sperimentazione di nuovi vaccini, iniziamo a intravedere la fine del tunnel, saremo comunque introdotti in un diverso tipo di 'normalità' in cui non ci scrolleremo più di dosso un persistente senso di minaccia sospesa sopra le nostre teste: un altro virus, l'emergenza climatica, un altro conflitto mondiale, chissà. Eppure, ci persuaderemo di aver ripreso le redini del nostro destino e proveremo di nuovo a vivere come se niente fosse. Ci autocompiacciamo nella nostra negazione della realtà esattamente come gli uomini di Chiesa che, a loro rischio e pericolo, commissionarono il dipinto di Michelangelo e, per di più, gli assegnarono l'argomento implacabile del giudizio finale.

Nella Scrittura giudicare e regnare sono sinonimi. Dichiarando che il giudizio "finale" appartiene a Cristo, il Nuovo Testamento afferma che, nella storia del mondo e nella storia di ciascuno di noi, l'ultima parola appartiene a Dio solo. E gli sconvolgimenti storici ci ricordano questa realtà, che ci piaccia o no.

Il Michelangelo che dipinse il Giudizio Universale aveva abbandonato il sogno di perfezione dei suoi primi anni. Cercava modi per allertare i suoi contemporanei sul loro autocompiacimento, proprio come fa Matteo nella sua cruda parabola del giudizio finale.

La maggior parte dei critici d'arte sostiene che in questo affresco le braccia di Cristo sono una trasposizione visiva della condanna espressa nel Vangelo di Matteo: "Allontanatevi da me nel fuoco eterno preparato per il diavolo e i suoi angeli" (Mt 25,43). Ciò presuppone che il centro del movimento antiorario dell'affresco sia il potere di Cristo di giudicare l'umanità risuscitando i morti in basso alla sua destra, riunendoli al suo fianco e rimuovendo coloro che meritavano la condanna gettandoli verso il fondo sinistro all'affresco, in inferno.

Credo tuttavia che ci sia un punto focale più specifico nascosto nell'affresco che conferisce un tono farsesco alla sua trama.

Oltre al giudizio, la posizione teatrale delle braccia di Cristo svolge un'altra funzione: il braccio destro si alza per esporre alla vista il torace e il braccio sinistro termina con l'indice di Cristo puntato verso la ferita prodotta dalla lancia del soldato romano che trafisse il corpo di Gesù per assicurarsi che fosse definitivamente morto.

Questa è la ferita che persuase gli avversari di Cristo - e chiunque la cui vita fosse stata sconvolta da questo predicatore importuno - che tutto era tornato alla normalità. E se era davvero Dio come affermava, allora Dio era morto. In entrambi i casi, tutto ciò che le persone volevano era assicurarsi di poter tornare alla vita consueta.

Ogni volta che mi reco nel luogo in cui si trova questo affresco, la Cappella Sistina, non posso fare a meno di essere intensamente consapevole che si tratta di una sala dove prende forma gran parte del corso della storia mondiale: questo è il luogo in cui i cardinali si riuniscono per scegliere il nuovo papa. Questa elezione è diventata meno apertamente politica in questo ultimo secolo, ma non si può negare che durante la maggior parte della sua storia secolare sia stata contrassegnata da intrighi, corruzione, simonia, minacce e talvolta brutalità fisica. L'atto che più di ogni altro dovrebbe esprimere l'impegno della Chiesa a contribuire alla venuta del regno di Dio attraverso la nomina del più alto rappresentante di Cristo sulla terra è stato ripetutamente condotto come se Dio fosse irrilevante, come se non agisse nella storia, come se fosse morto - e quindi come se non ci fosse nessun obbligo di rispondere delle nostre azioni, specialmente da parte di coloro che dovrebbero essere ministri di Dio. E se questo era, ed è ancora, il caso di sacerdoti, vescovi e papi, quanto più vale per la maggior parte di noi che è ancora più invischiata nella gestione secolare del mondo - non solo coloro che presiedono al destino delle nazioni, ma ciascuno di noi, anche nelle nostre vite relativamente poco appariscenti. Siamo tutti inclusi nel carattere dello stolto del libro dei Salmi che dice "Dio non esiste" (Salmo 53.1) - o potrebbe anche riconoscere che Dio esista ma continua ad agire come se non ci fosse.

Così in questa stessa Cappella Sistina in cui la gente continuava a comportarsi sfacciatamente come se "Dio non esistesse", un Michelangelo più anziano, malizioso e disincantato descrive l'intero movimento della storia come se ruotasse su un asse che non è il potere trionfante di Cristo, ma la sua ferita mortale, la morte di Dio, cioè la tragica possibilità di ignorare Dio nelle nostre vite.

La natura provocatoria di questo affresco è evidente e ha generato polemiche infinite fin dal momento in cui fu svelato, al punto che papi successivi nel corso dei secoli furono tentati di eliminarlo. E, naturalmente, malgrado l'isteria dei puritani di tutti i tempi, il pungolo non risiede nella nudità così abbondantemente esposta. Tutta quella nudità è un diversivo. Quale decenza può essere seriamente minacciata da questi torsi sproporzionati con teste minuscole, seni sconnessi, maniglie dell'amore rigonfi, minuscoli organi maschili (in gran parte ricoperti subito dopo la morte di Michelangelo), specialmente se confrontati con le proporzioni perfette del corpo di Adamo sulla volta, proprio sopra la testa di tutti? Il problema maggiore delle persone la cui intera vita è schiava di potere e denaro è che perdono il senso dell'humour. Altrimenti, come avrebbero potuto non notare la comicità dell'affresco -giusto per dare alcuni esempi- nei volti degli angeli che suonano le trombe, in san Bartolomeo che tiene in mano la sua pelle che rappresenta il volto di Michelangelo, nel noto patetico dannato rannicchiato e tremante, Caronte che infierisce sui dannati, per non parlare del portamento enfatico del Cristo sbarbato.

Pensiamo di poter prendere sul serio il giudizio finale solo se lo rappresentiamo e lo descriviamo con toni gravi e severi. A volte, invece, soprattutto quando si ha a che fare con paradossi violenti, un espediente stilistico molto più appropriato è la farsa, con la sua capacità di esprimere l’assurdità grottesca di una situazione.

E di fatto, quale farsa più grande di questa sala simbolica, che ogni certo numero di anni diventa il centro della scena mondiale e in cui non solo cardinali, ma tutti noi siamo posti sotto l'enorme spada di Damocle del supremo obbligo di rispondere delle nostre azioni raffigurato sul suo muro, eppure continuiamo a manovrare autocompiaciuti come se questo giudizio fosse una finzione, come se "Dio non esistesse", come se quella ferita avesse davvero ucciso Dio e fossimo noi i veri padroni del mondo.

Sottovalutiamo l'humour di Dio - questo è il motivo per cui non percepiamo il vero punto focale dell'affresco, cioè il vero cuore pulsante della storia, il luogo dove veramente risiede il potere di Dio. Rappresentiamo Dio a noi stessi come questa divinità accigliata quando in realtà governa la storia a partire da una ferita, una cavità vuota - cioè da un bisogno, dalla sua fame e dalla sua sete, sotto il travestimento più inverosimile: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. … In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,35-40)




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