L'anno prima che entrassi in monastero fu uno dei più sereni di tutta la mia vita. Mi sentivo completamente in pace con me stesso. Ero quasi sempre di buon umore e avevo ragione di pensare che questa pace e questa gioia sarebbero solo aumentate vivendo in una comunità monastica, che immaginavo come un ambiente idilliaco dove sarei stato al riparo da tutta la negatività del mondo.
Non avevo nessuna idea del disincanto brutale che mi aspettava. Nel giro di appena una settimana di vita di comunità conobbi il piu’ spaventoso assalto di sentimenti e pensieri negativi della mia vita. Certo, prima di allora avevo sperimentato fastidio, insicurezza, invidia, ansia, ma mai nella mia vita con una tale intensità. Mi sentivo peggiore di prima che diventassi un monaco e non riuscivo a capirne il perché.
In questi ultimi giorni, questa esperienza mi è rivenuta in mente a causa delle tante conversazioni telefoniche con amici e parenti costretti a stare a casa con famiglie o inquilini a causa della quarantena. La convivenza prolungata anche con le persone che amiamo di più o con cui normalmente andiamo d’accordo genera inevitabilmente esasperazione, frustrazione, noia - o peggio ancora, rabbia e risentimento. E naturalmente il senso di colpa per non riuscire di evitare o reprimere questi sentimenti.
Quello che posso dire è che tutto cio’ è normale. Dalla mia esperienza personale ho imparato che non dobbiamo avere paura di questi sentimenti né rimproverarci il fatto di provarli. L'apostolo Paolo parla di qualcosa di simile quando usa l'immagine di una spina nella sua carne o dipinge se stesso come intrappolato dalla negatività nonostante tutti i suoi sforzi per fare del bene ed essere buono. Vediamo la nostra ombra solo quando siamo al sole. Il potenziale di negatività è sempre in noi, ma ci viene rivelato solo in certe situazioni. Quando mi trovo di fronte a un'ondata di sentimenti negativi, ad esempio l'esasperazione, non devo lasciarmi intimorire da essa, ma reagire dandole un nome, cercando di capire perché mi sta colpendo così acutamente, ragionare con essa e imparare lentamente a convivere con essa, proprio come farei con un cane potenzialmente pericoloso. Come posso addomesticare un cane così posso imparare a gestire le mie ombre - e forse iniziare ad amare me stesso non solo quando risplendo, ma anche quando fallisco - proprio come fa il nostro Padre che e’ nei cieli.
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