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Scegliere la vita

Writer's picture: Luigi GioiaLuigi Gioia
Prima di essere un contenuto da proclamare la fede è dimorare al seguito di Gesù

Nel cammino di conversione e di fede che il Vangelo di Marco esprime visualmente sotto la forma della sequela di Gesù, giungiamo oggi ad una tappa decisiva, nella quale vi è una crisi e un discernimento. La gente – chiede Gesù – chi dice che io sia? (Mc 8,27).

La fede non ci permette di restare a livello della folla, di quello che sceglie o afferma la maggior parte della gente, della comoda indeterminatezza nella quale anche come cristiani, come discepoli di Gesù, corriamo il rischio di adagiarci. Per questo Gesù comincia con il chiedere l’opinione della folla e poi precisa Voi, chi dite che io sia? (Mc 8,29). La successione tra queste due domande non vuol dire che ci stia chiedendo di scegliere una tra le tante opzioni che circolano nella opinione pubblica. Il voi di questa frase è decisivo. E’ il voi dei discepoli, il ‘voi’ che include ogni cristiano, quindi ‘noi’. La domanda è rivolta a noi che abbiamo fatto l’esperienza dell’amore di Gesù, che abbiamo ascoltato la sua Parola, che abbiamo imparato da Gesù come metterci in ascolto della voce del Padre, come renderci docili alla mozione dello Spirito Santo.

Voi, chi dite che io sia? (Mc 8,29). La risposta che possiamo dare con Pietro, la risposta che sigilla la nostra fede e della quale forse non misuriamo immediatamente tutte le conseguenze, è questa: “Tu sei il Cristo. Tu sei l’Unto. Tu sei colui che è stato designato dal Padre per parlare nel suo nome. Tu sei lo strumento attraverso il quale Dio interviene in modo definitivo nella storia per cambiarla. Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente” (Cf. Mc 8,29).

Stranamente però non appena i discepoli hanno proclamato la loro fede in Cristo, Gesù ordina loro di non parlarne, di non dire niente a nessuno. Il senso di questo divieto è che non basta aver proclamato la propria fede in Cristo per capire che cosa essa comporti. Il senso profondo e soprattutto le conseguenze di questa confessione non appaiono subito. Dire “tu sei il Cristo” a Gesù ha un impatto decisivo sulla nostra vita. Essere Cristo, essere unto, per Gesù vuol dire essere investito di una missione particolare da parte di Dio: vincere la violenza della storia, lottare contro il peccato fino alla morte sulla croce.

Confessare tu sei il Cristo è inseparabilmente affermare: “Rinuncio a satana. Rinuncio al peccato”. Ecco perché le due confessioni sono proclamate insieme nel momento del battesimo. Altrimenti, dopo aver confessato Cristo con le labbra, possiamo sentirci chiamare ‘satana’ da Gesù, come è successo a Pietro. Pietro che riconosce e che confessa Cristo e che è proclamato beato per questo è lo stesso che un attimo dopo si sente chiamare ‘avversario” (questo è il significato della parola ‘satana’). E’ un monito per ciascuno di noi: confessare la nostra fede non ci protegge dalle derive. Per questo la fede, prima di essere un contenuto da proclamare (tu sei il Cristo) deve restare un atteggiamento esistenziale, cioè una continua adesione a Gesù, un dimorare al suo seguito. Questo è uno dei sensi possibili della risposta di Gesù a Pietro: non vade retro, cioè “allontanati”, ma vieni dietro a me (Mc 8,33), resta dietro a me.

Questa pagina del vangelo trova compimento ogni domenica quando recitiamo il Credo. Ogni volta che lo facciamo è in risposta alla domanda di Gesù: Voi chi dite che io sia? (Mc 8,29) Il Credo non ci fa proclamare unicamente che crediamo in un solo Signore, Gesù Cristo, ma continua con l’affermazione “crocifisso per noi”. Questo ‘per noi’ è la chiave di tutto. Quando Gesù ci chiede Voi chi dite che io sia? (Mc 8,29) si rivolge al ‘noi’ del credo, a coloro cioè per i quali Gesù fu crocefisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Questo spiega il divieto di Gesù ai suoi discepoli di divulgare la loro confessione di fede. Non vuole che la confessione di Cesarea sia resa nota subito perché è ancora incompleta. I discepoli dopo Cesarea possono solo dire: “Credo in un solo Signore, Gesù Cristo”, ma non possono ancora aggiungere che “crocefisso per noi sotto Ponzio Pilato”. Per essere salvifica e per essere proclamabile bisogna che la confessione sia completa. Cristo e croce sono inseparabili, fede in Cristo e accettazione della croce nella nostra vita sono una cosa sola. Se affermo: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”, dico allo stesso tempo: “Ti seguirò ovunque andrai e so che il luogo dove vai passa attraverso la croce”.

Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mc 8,34). La buona novella, la buona notizia è che scegliere Cristo, scegliere la croce non vuol dire scegliere la morte, la sofferenza, la fine, ma abbracciare la vita. Ce lo garantisce la promessa con la quale si conclude il vangelo di oggi: si salverà, questa fede lo salverà. Non si tratta di perdere la propria vita e basta. Questo sarebbe un suicidio. Perdere la propria vita per causa di Cristo e del Vangelo (Mc 8,35) è perderla con Cristo, del quale sappiamo che non solo è morto ed è stato sepolto, ma che “risuscitò secondo le scritture”. Perché la confessione non è completa neanche quando affermiamo la crocifissione, ma solo quando giungiamo alla proclamazione della risurrezione. Non è in un morto che crediamo, ma in un risorto! E’ sulla base della risurrezione che proclamiamo la nostra fede in lui.

Lasciamoci allora interrogare da Cristo: Voi chi dite che io sia? (Mc 8,29). Non giudichiamo coloro i quali evitano di porsi questa domanda o non hanno ricevuto la grazia di potersela porre come noi che abbiamo conosciuto e creduto nell’amore di Dio per noi (1Gv 4,16), che ne abbiamo fatto l’esperienza. Per noi proclamare la nostra fede in Cristo morto e risorto non è un atto di rinuncia a noi stessi, non è un atto di annientamento di noi stessi, ma è un gesto di libertà, una scelta della vita, una maniera di proclamare che siamo depositari di un senso che non è solo per noi, ma per tutta l’umanità. Affermiamo con Pietro: Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente (Mc 8,29), ma andiamo oltre e proclamiamo la nostra fede in questo Gesù che non solo è morto, ma che è risorto per noi e che ci fa dono della vita vera




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