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  • Writer's pictureLuigi Gioia

Sfuggente risurrezione


Ci avviciniamo alla risurrezione proprio come fece Maria Maddalena, "mentre era ancora buio" (Gv 20,1). Questa oscurità è il simbolo dell'evasività della risurrezione e della nostra costante incapacità di comprenderla.

La pietra tombale è stata rimossa, ma un velo copre ancora gli occhi di Maria e degli altri due primi testimoni della tomba vuota, Pietro e Giovanni – ed un velo copre ancora i nostri occhi. Ci viene detto che "non avevano ancora compreso le Scritture, cioè che Gesù doveva risuscitare dai morti" (Gv 20,9). La tomba vuota precipita i seguaci di Gesù nell'ansia e nell'inquietudine: Maria corre dai discepoli, Pietro e Giovanni gareggiano per arrivare alla tomba, passano un momento ad esaminare con apprensione il sudario e i teli. Sembra che Giovanni abbia intuito qualcosa (ci viene detto che crede e tuttavia che anche lui non comprende) ma alla fine tutta questa agitazione termina nella rassegnazione: "allora i discepoli se ne tornarono di nuovo a casa" (Gv 20,10).

Non comprenderemo mai la risurrezione, così come non saremo mai in grado di fissare con i nostri occhi il sole. Possiamo trovare un senso al risveglio di qualcuno dalla morte, ma la risurrezione di Gesù è molto più di questo. La nostra prima esperienza della risurrezione è la tomba vuota, ovvero un'assenza, un enigma che ci lascia perplessi e confusi.

Qualunque cosa sia successa, non siamo sicuri riguardo al suo significato o alle sue conseguenze: ne sentiamo parlare ma ce ne allontaniamo e preferiamo cercare di rassicurarci immergendoci di nuovo nella routine che ci è familiare, torniamo "alle nostre case". I passaggi del Vangelo di Giovanni che leggiamo durante il periodo pasquale ci attendono proprio a questo crocevia e passo dopo passo ci insegnano come familiarizzarci con la risurrezione, cioè con il nuovo modo di Gesù di essere presente in mezzo a noi.

Tuttavia, secondo il vangelo non tutti tornano a casa. Maria rimane, piange, ritorna a scrutare l’interno della tomba. È lei il nostro modello di fede nella risurrezione - non perché lo comprende meglio di altri ma perché rimane, non si sottrae al mistero, continua a fissare l'oscurità, coraggiosamente si espone all'ignoto. E la sua perseveranza è premiata.

Riconoscere il nuovo modo attraverso il quale Gesù resta presente in mezzo a noi richiede tempo e pazienza. Quando dei personaggi le rivolgono la parola, Maria non capisce chi siano. La prima volta che vede Gesù, lo scambia per un giardiniere. Si lamenta della sua incapacità di capire ciò che sta accadendo: "Hanno portato via il mio Signore e io non so dove lo hanno posto" (Gv 20,13) e "non sapeva che era Gesù" (Gv 20,14). Però si aggrappa, non si allontana, continua a chiedere, interrogare, cercare - proprio come la vedova detta ‘importuna’ che Gesù invece loda per aver continuato a infastidire Dio e stancarlo con le sue continue richieste (cfr Lc 18,1-8).

Il Vangelo di Giovanni rivela che questo è l'unico modo per riconoscere il Cristo risorto. La verità è che lui è sempre stato lì, fin dal momento in cui Maria è arrivata alla tomba per la prima volta. Era lì anche quando gli altri discepoli vennero a ispezionare la tomba, ma nessuno aveva ancora occhi capaci di vederlo e i cuori pronti per accoglierlo. Maria, tuttavia, persevera nella sua supplica e viene premiata non con una spiegazione sottile della tomba vuota ma con nuove orecchie e un nuovo cuore capaci di percepire la voce di Gesù quando finalmente la chiama e le dice: "Maria!".

La risurrezione è il nuovo modo di Gesù di essere presente in mezzo a noi ovunque e in qualsiasi momento. La nostra fede nella risurrezione emerge dentro di noi quando scopriamo che Dio è sempre con noi e che ci chiama con il nostro nome.




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