"Se davvero ascoltassimo le storie degli altri, non potremmo più percepirli come nemici perché ci riconosceremmo uniti nella comune complessità del cuore umano, nella comune incapacità di fare il bene che vogliamo, di capire cosa ci conduce a fare scelte che hanno conseguenze nefaste nelle vite altrui e nostre"
La tendenza a giudicare gli altri è una delle nostre attività più frequenti. Nella forma del pettegolezzo è uno dei nostri passatempi preferiti, ma caratterizza la maggior parte del nostro modo di riferirci a famiglia, amici, società, politica ecc. Esprimiamo giudizi continuamente e certamente il confronto con altri nella valutazione di persone e situazioni è un luogo importante per affinare la nostra percezione della realtà. Vi è un aspetto di questa attività che è però particolarmente delicato, vale a dire il giudizio sulle persone. Anch’esso è inevitabile. Per relazionarci agli altri abbiamo bisogno di cercare di capirli e così non urtare la loro sensibilità o proteggerci eventualmente contro aspetti nocivi del loro carattere.
Quindi formare un giudizio riguardo non solo alle situazioni ma anche alle persone è normale e il Vangelo non ci chiede di rinunciarvi, perché altrimenti la vita in comune diventerebbe impossibile o caotica. L’invito del Vangelo invece è a ‘vederci bene’: “Togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello” (Lc 6,42).
Dobbiamo valutare situazioni e relazioni, ma siamo invitati a esercitare una prudenza particolare quando si tratta di esprimere giudizi sulle persone, specialmente quando si tratta di attribuire loro cattive intenzioni o accusarli di malizia o orgoglio o qualsiasi altra caratteristica negativa. Questo non perché non vi siano cattiveria, malizia, orgoglio e ogni altra forma di negatività nel cuore delle persone. Che queste cose esistano è una realtà, e Gesù stesso vi fa riferimento: “dal cuore degli uomini escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza” (Mc 7,21-22). Il problema è che solo Dio ha accesso a quello che c’è davvero nel cuore di una persona. Noi possiamo solo cercare di indovinarlo a partire da quello che vediamo esteriormente e che comunque non ci offre nessuna garanzia.
Ne abbiamo una prova nel fatto che siamo incapaci non solo di giudicare quello che c’è nel cuore degli altri, ma prima di tutto nel nostro. Per questo non dovremmo giudicare neanche noi stessi. Crediamo di vedere la pagliuzza nell’occhio del fratello ma non vediamo la trave che è nel nostro, ci dice Gesù. Ancora una volta lo stesso problema: non solo non siamo in grado di leggere dentro gli altri ma neanche dentro noi stessi.
Il Vangelo ci fa dunque riflettere, facendo eco al libro del Siracide: “Quando un uomo riflette, gli appaiono i suoi difetti” (Sir 27,4). Più impariamo a conoscerci, più misuriamo l’ambivalenza del nostro stesso cuore, meno ci sentiremo portati a giudicare gli altri. Il male esiste, ne siamo tutti complici, ma prima di tutto perché ne siamo tutti vittime. Invece di perpetuare il male amplificandolo con i nostri giudizi, dovremmo sentirci solidali, riconoscere che possiamo combatterlo solo contrastandolo attraverso misericordia, perdono e soprattutto autentico discernimento.
Vi è infatti una differenza tra giudizio e discernimento. Il Vangelo ci chiede di non giudicare ma ci invita anche costantemente a discernere – questo è il “vederci bene” citato più in alto. Gesù afferma: “Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo” (Lc 6,44) e il Siracide dice: “La prova dell'uomo si ha nella sua conversazione. … la parola rivela il sentimento dell'uomo” (Sir 27,5-6).
Questo discernere, questo ‘vederci bene’ è fondato sulla conoscenza di sé e sulla determinazione a restare in dialogo con l’altro, a non rinunciare al confronto, a cercare di capire. Quanto spesso ci rendiamo conto della superficialità delle nostre valutazioni. Se davvero ascoltassimo le storie degli altri, non potremmo più percepirli come nemici perché ci riconosceremmo uniti nella comune complessità del cuore umano, nella comune incapacità di fare il bene che vogliamo, di capire cosa ci conduce a fare scelte che hanno conseguenze nefaste nelle vite altrui e nostre.
La buona novella di Gesù è che se è vero che nel nostro cuore vi è negatività, vi rimane sempre del buono, malgrado tutto. Discernere allora vuol dire filtrare quello che esce dal nostro cuore, imparare a trarre da esso solo il meglio: “L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male” (Lc 6,45). Abbiamo un buon tesoro da dispensare intorno a noi, risorse che non sospettiamo e che scopriamo solo quando decidiamo di evitare di giudicare e scegliamo piuttosto di provare a capire, a discernere e, forse, piano piano, anche ad amare.
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